Aurelia Josz, chi era costei?
26 Feb 2017
Aurelia Josz (1869-1944) era figlia dell’ungherese Lodovico Josz e di Emilia Finzi. Titolare della cattedra di Storia e Geografia nella Scuola Normale “Gaetana Agnesi” a Milano, ideò nuove metodologie didattiche per catturare l’attenzione delle sue allieve, utilizzando il teatro e realizzando con materiali cartacei, una sorta di museo geografico e antropogeografico. Un lavoro e un metodo innovativi su cui scrisse due manuali scolastici di grande successo.
Nel 1902 fondò la prima scuola pratica femminile di agricoltura nell’orfanotrofio della Stella a Milano che diresse a titolo gratuito fino al 1931, sostenuta finanziariamente dalla Società Umanitaria, associazione milanese di ispirazione socialista fondata nel 1893 e tutt’ora esistente.
Tra le allieve figuravano anche le figlie dei piccoli proprietari terrieri, spesso destinate a rimanere chiuse tra le mura di casa o a esercitare l’insegnamento, magari senza una vera vocazione. Convinta della necessità di una visione moderna dell’agricoltura, la Josz chiamò a insegnare i più importanti agronomi italiani e istituì molti corsi, tra cui bachicoltura e apicoltura. Nel 1921 fu la volta del primo corso magistrale agrario per maestre rurali.
Viaggia molto per documentarsi e al III Congresso dell’Educazione Femminile di Milano nel settembre 1906 tiene una relazione in cui, tra l’altro, apprezza particolarmente «le scuole pratiche agricole del Belgio» che si propone «di imitare nella prima scuola pratica agricola femminile italiana, la scuola milanese di Niguarda […] ove con un biennio di vita collegiale spesa tra lo studio e il lavoro pratico nel campo sperimentale, nel giardino, nel caseificio, nella bigatteria, nel pollaio, lavoro fortificatore dei muscoli e dei nervi, le fanciulle si preparano al disimpegno di tutti gli uffici di massaia». Il valore del lavoro agricolo e di un ritorno alla terra era un tema d’attualità nella cultura assediata dalla Rivoluzione Industriale, ma anche un tema caro all’ebraismo cui aderiva, conciliando la sua fede con quella nella cultura, nell’impegno e nel progresso.
Nella prima metà degli anni Trenta impiantò, in soli sei mesi, un’altra scuola agraria a Sant’Alessio in provincia di Roma. Il governo fascista, che le aveva dato l’incarico, poi la escluse affidando il nuovo istituto a un’altra direttrice più gradita; togliendo anche i finanziamenti statali alla scuola di Niguarda e l’incarico di direttrice ad Aurelia che aveva rifiutato la tessera del partito fascista. Nel 1931 la Josz lasciò anche l’insegnamento di storia e geografia alla scuola statale e si trasferì dalla sorella Valeria ad Alassio dove si dedicò a scrivere La donna e lo spirito rurale: storia di un’idea e di un’opera, dedicato alla missione di tutta la sua vita.
Rifiutatasi di espatriare dopo le Leggi Razziali del 1938, il 15 aprile 1944 venne arrestata ad Alassio e condotta nelle carceri genovesi di Marassi e da lì deportata prima al campo di concentramento di Fossoli, poi al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove giunse, dopo un viaggio nei vagoni piombati, il 30 giugno 1944. Venne uccisa durante le selezioni iniziali il giorno dopo il suo arrivo.
Il museo botanico di Milano
Quanto precede spiega bene il senso della dedica della struttura del Museo Botanico milanese, inaugurato nel 2015, dopo un biennio di lavoro, su una superficie di 24.600 mq.
L’apertura al pubblico è prevista una volta al mese, tendenzialmente il sabato pomeriggio centrale, ed è a disposizione dei milanesi per rilassarsi nel verde e per partecipare ad alcune iniziative: percorsi guidati, attività ludico-divulgative, musica e piccoli spettacoli pertinenti con i temi del Museo Botanico, per scoprire e conoscere tutti i segreti dell’universo vegetale.
Le attività e gli eventi sono condotti da personale del Comune di Milano, Area Verde, Agricoltura e Arredo Urbano, con il nucleo dei volontari del Museo Botanico, i volontari del servizio civile, i tirocinanti, in collaborazione con istituti scolastici e varie istituzioni, il Servizio Manutenzione Ordinaria dell’Area Verde, Agricoltura e Arredo Urbano, le Sezioni Didattiche del Comune di Milano, le GEV (Guardie Ecologiche Volontarie).
Il progetto
Il Museo Botanico è frutto di un progetto dell’Amministrazione del 2003. Le opere relative al primo lotto i datano dal 2012 dall’inaugurazione il Museo Botanico si propone come polo naturalistico, didattico e ludico, luogo di osservazione degli ecosistemi della Pianura Padana, delle loro biovarietà e delle contaminazioni che l’azione umana vi ha impresso. È un laboratorio per lo studio, la divulgazione di temi botanici e l’educazione naturalistica, presupposto essenziale per una nuova cultura del verde nel rispetto della cosa pubblica.
Il Museo Botanico ha molti progetti per opere e attività:
Il Frutteto dei Patriarchi, su di un’ area di 900 mq, messo a dimora nel settembre 2014, raccoglie 27 varietà arboree innestate su portainnesto, patrimonio dell’agricoltura lombarda e della sua storia (tema analogo al Labirinto di Cereali, descritto in seguito), reperite nel territorio da piante originarie, alcune delle quali raggiungono i 200 anni di vita. Si tratta di varietà difficilmente reperibili i cui frutti hanno caratteristiche organolettiche molto particolari e notevoli proprietà nutrizionali. Sono molto rustiche, quindi in grado di difendersi da attacchi di funghi, insetti, ecc., necessitano di trattamenti solo in rari casi. Il frutteto accoglie diverse varietà di meli, peri, ciliegi, gelsi, ulivi, pruni, un fico e un caprifico, un pesco, un amareno, un susino, un loto.
L’edificio polifunzionale di 300 mq è in grado di compensare il proprio fabbisogno energetico grazie all’impianto fotovoltaico e a quello a pompa di calore. Il rivestimento verde, una collezione di clematidi, intervallate da rose, luppoli, caprifoglio, vite canadese, ortensie, ne mimetizza l’impatto. È destinato all’accoglienza e alle attività che necessitino di uno spazio coperto.
Nell’autunno 2014 è stato creato il Labirinto di Cereali (che comprende anche molte varietà di mais) su una superficie di 1.970 mq. È una raccolta vivente di varietà originarie, storiche, rare, accostate ad alcune delle più diffuse nell’agricoltura intensiva, che racconta di migrazioni di semi e piante, della storia dell’agricoltura e dell’alimentazione (tema analogo al frutteto), dell’evoluzione conseguente alla selezione operata dall’uomo per necessità operative e produttive in agricoltura, della genetica e delle sue applicazioni. Le attività per la sua realizzazione e manutenzione sono condivise con due classi dell’I.I.S.“Vilfredo Federico Pareto”. Alle semine e alla mietitura partecipano studenti delle scuole medie della zona.
La struttura del labirinto, antichissima, mitologica, adottata in molti giardini storici e moderni, consente di “perdersi” e induce alla concentrazione nel gioco di apprendimento.
Più le piante sono alte, più si ottiene lo “straniamento”. Il Gioco del Labirinto, percorso ludico, iniziatico e di conoscenza, studiato appositamente, approfondisce importanti temi: l’evoluzione della natura, la selezione effettuata dall’uomo per migliorare la resa delle coltivazioni, le ricerche genetiche, il ciclo della vita della pianta, il seme, tesoro vitale importantissimo, la sua trasformazione per uso alimentare nelle varie culture, la struttura che la natura ha conferito alla pianta con il fine di ottimizzare l’uso e l’ accumulo di energie. I semi sono stati donati tra a l’altro dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria – CREA. Nel 2014/15 furono seminate diverse varietà di farro, frumento duro e tenero, orzo, segale, triticale, avena e mais; nel 2015/16 veccia, trifoglio, rafano, senape, lino, orzo avena, segale, frumenti duri e teneri a cui seguiranno i mais. Particolare attenzione è stata data alle piante che si usano nel sovescio, pratica agronomica che prevede di rivoltare nella terra piante leguminose (o Fabaceae) come veccia e trifoglio, che ospitano fra le radici batteri simbionti capaci di fissare l’azoto atmosferico e Brassicaceae o Cruciferae, come rafano e senape, che attivano la biofumigazione (disinfettano e disinfestano il terreno). Il sovescio viene utilizzato di conseguenza nel sistema di rotazione delle colture per migliorare la fertilità del suolo. Questa pratica era molto diffusa nel Medioevo per concimare i terreni ed è molto utilizzata nell’agricoltura biologica.
Il Percorso d’Acqua, un’area di 2.200 mq solcata da un circuito di canali con punti di osservazione della flora e della fauna selvatiche, è un luogo di osservazione delle azioni spontanee della natura e un laboratorio d’intervento, da allestire con piante spondali e acquatiche individuate grazie allo studio delle specie autoctone. Molte sono reperibili solo nel loro ambiente, da cui devono essere prelevate per poi essere trapiantate. Presso il Giardino d’Acqua di Boscoincittà (Italia Nostra) è stato possibile reperirle e, grazie al lavoro dei volontari, nel 2014 è iniziata la loro messa a dimora.
Il futuro
Si espanderanno le capacità di accoglienza e l’offerta di strutture; si offriranno servizi e attività su più livelli in modo da offrire ai visitatori molteplici stimoli di conoscenza, studio e occasioni di divertimento; è prevista la barriera vegetale per impedire vista e rumore della via E. Fermi, percorso che penetrerà nel terreno per illustrare la vita al di sotto dei nostri piedi, serra fotovoltaica e un edificio di servizio, padiglione vegetale per concerti e piccoli spettacoli, aree ludiche per giocare con la natura, impianti che aumenteranno l’autosufficienza energetica e consentiranno un uso corretto delle risorse.
Prossimi eventi
Sabato 18 marzo, dalle 14 alle 18: è previsto il Preludio di primavera con visite guidate, semina nel labirinto, giochi e performance musicali.