I Mercati della Terra
11 Mar 2015
«Senza una prospera economia locale, le persone non hanno potere e la terra non ha voce». Così sosteneva Wendell Berry, ne L’Idea di un’economia locale. Questo principio è alla base del progetto, coordinato dalla Fondazione Slow Food per la Biodiversità, dei Mercati della Terra: nati in relazione alla pressante esigenza di avvicinare la terra alla tavola e i consumatori ai produttori, creando una rete internazionale di mercati contadini il progetto si è via via sviluppato, a partire da uno studio internazionale sui farmers’ market americani.
Lo studio è partito da alcuni studenti del master in Food Culture dell’Università di Scienze Gastronomiche finanziato dalla Regione Toscana e in base ai dati raccolti si sono definite le linee guida per focalizzarne lo scopo e distinguerlo da altri. Il modello pilota è stato il Mercatale di Montevarchi ad Arezzo, nel 2005. Nel 2009 aprono Beirut, Israele, Bucarest e via via le aperture si susseguono in Italia e all’estero.
Con la creazione dei Mercati della Terra, si sviluppa internazionalmente una rete attraverso la quale, pur in differenti contesti culturali, geografici, rurali, urbani e sociali, opera una struttura condivisa dai mercati stessi e che funge da riferimento e guida nel rispetto della diversità e unicità di ciascuna realtà. Attualmente la rete comprende oltre all’Italia anche Austria, Bulgaria, India, Isola Mauritius, Israele, Libano, Messico, Mozambico, Poerorico, Turchia e Stati Uniti. Ogni Mercato della Terra è una rete di per sé: comprende istituzioni, associazioni, cittadini, ristoratori e produttori che collaborano a creare e gestire il “mercato”. Gli obiettivi arrivano a includere anche la creazione di gruppi d’acquisto e il coinvolgimento delle mense collettive e scolastiche locali. I mercati che fanno parte di un gruppo attivo e connesso sono infatti più forti e meglio in grado di dare un contributo significativo alla vita della propria comunità.
Al primo posto vengono i produttori e i co-produttori, cioè consumatori che vanno oltre un ruolo passivo, ma si interessano a quanti producono il cibo, al modo in cui ha luogo questo processo, ai problemi dei produttori, diventando a loro volta consapevoli del processo di produzione.
Ove possibile, i co-produttori mantengono strette relazioni con contadini, pescatori, allevatori, casari, non solo acquistando da loro, ma anche chiedendo informazioni e consigli. In questo modo possono comprendere meglio cos’è la qualità e accrescere la consapevolezza di ciò che significa un’alimentazione più salutare, gustosa e responsabile nel proprio territorio.
Il contatto diretto fra consumatori e produttori è un dei modi più efficaci per raggiungere questa consapevolezza, e un mercato contadino è quanto di più conveniente e piacevole ci sia per rafforzare questa relazione.
Consumatori più informati e consapevoli motivano a lavorare usando tecniche che salvaguardino la diversità alimentare, l’ambiente e la qualità con maggiore motivazione e soddisfazione. Tutti insieme possono lavorare per accorciare la filiera del cibo.
La filiera corta
La filiera corta si realizza quando i produttori e i consumatori finali comprendono di avere gli stessi obiettivi che possono essere raggiunti creando nuove opportunità per rafforzare le reti alimentari locali. È una strategia alternativa, che dà ai produttori un ruolo attivo nel sistema del cibo perché si concentra sulla produzione locale. Sistemi alimentari territoriali e decentralizzati riducono al minimo gli intermediari nella catena del cibo e le distanze che il cibo stesso percorre (food miles).
Questo permette alle piccole imprese di creare filiere indipendenti dalla grande distribuzione. Tagliando alcuni dei passaggi intermedi tra produttori e consumatori – quali l’ingrosso e la distribuzione – possiamo riscoprire il nostro territorio e parti essenziali della sua identità, così come creare una nuova relazione tra il mondo agricolo e quello urbano.
Una filiera corta rende anche più facile l’ottenimento di un prezzo giusto, poiché i produttori possono comprendere quali sono i costi reali dell’agricoltura e della produzione del cibo. Inoltre, i guadagni dei distributori possono essere suddivisi equamente fra produttori e consumatori, permettendo ai primi di ricevere la giusta retribuzione per il loro lavoro e ai secondi di sapere esattamente cosa pagano e magari pagarlo meno. La filiera locale è un elemento indispensabile per arricchire le economie locali.
Ogni mercato di produttori come i Gas (Gruppi di Acquisto Solidale), le esperienze di Csa (Community Supported Agriculture) e ogni altro esempio di vendita diretta sono un mezzo per accorciare la filiera, hanno lo stesso scopo e possono ottenere gli stessi risultati. In particolare ne beneficiano i piccoli agricoltori e i produttori artigianali, quelli che fanno più fatica a confrontarsi con il circuito della grande distribuzione, ma la cui dimensione aziendale permette spesso di presentare prodotti di qualità. Chi è ammesso ai Mercati della Terra vede riconosciuta una retribuzione corretta del proprio lavoro e nel contempo si impegna a trattare correttamente i propri dipendenti. Il presupposto principale è che gli aderenti presentino solo i prodotti frutto del loro impegno, lavoro ed esperienza, creando così un legame con i consumatori, raccontando loro i meriti dei prodotti dei quali si assumono la responsabilità e supportando anche il giusto rapporto qualità/prezzo.
Sono ammessi solo produttori locali. Per l’Italia, il territorio di riferimento è dato da una distanza massima di 40 km dal comune sede del mercato; a livello internazionale, il territorio di riferimento è definito in maniera specifica per ciascun mercato.
Nei Mercati della Terra si trova un’ampia varietà di frutta e verdura fresca, conserve, carni, prodotti caseari, uova, miele, dolci, pane, olio, vino, ogni prodotto che appartiene alla cultura alimentare locale. I prodotti venduti nei Mercati della Terra rispondono a criteri qualitativi precisi e devono essere:
Buoni, cioè freschi e di stagione, salutari, con un gusto che stimola e soddisfa i sensi.
Puliti, prodotti localmente, con coltivazioni e processi di produzione sostenibili per l’ambiente e privi di organismi transgenici.
Giusti, dunque a prezzi accessibili per i consumatori, con il giusto compenso e condizioni di lavoro eque per i produttori. Va detto anche che questi prodotti preservano la cultura alimentare della comunità che ospita il mercato e contribuiscono alla difesa della biodiversità e a una migliore condizione dell’alimentazione umana per milioni di persone. Temi che verranno messi sul terreno tra poche settimane alla Expo 2015 di Milano.