domenica 16 Febbraio 2020
Smart in the City

In punta di matita

di Antonella Cicalò

4 Lug 2014

Dalle grotte di Lascaux al Salone Dorato di Stoccolma, il viaggio del grafene è approdato a Como. Perché comunicare la scienza è una questione di nessi

graffito directa

La prima comunicazione umana è avvenuta tracciando segni a carboncino e a grafite (dal greco γράϕειν ,”scrivere”). Il carbonio (dal latino carbo), comune a entrambi i materiali, era già conosciuto dalle popolazioni antiche che lo producevano bruciando materiale organico con poco ossigeno per produrre inchiostri

Non è strano dunque pensare che la comunicazione e il carbonio siano inscindibilmente uniti nella storia della umana. E che da un comune denominatore così “primitivo” (basta pensare alle grotte di Lascaux o di Altamira) scaturisca oggi il più innovativo e promettente dei materiali: il grafene.

Era il 1664 quando qualcuno si accorse che la grafite lasciava su un foglio di carta una traccia ben visibile, ma facilmente cancellabile con un po’ di mollica di pane e pensò di sfruttare questa proprietà del materiale (il 10 settembre 1665 furono messi in vendita i primi bastoncini di grafite protetti da un involucro di stoffa o da sottili canne di bambù).

Era il 2004 quando la stessa osservazione si affacciò alla mente di due fisici, Andre Geim e Konstantin Novoselov, che nel 2010 ricevettero il premio Nobel per i pionieristici esperimenti riguardanti il materiale bidimensionale chiamato Grafene.

Sono proprio i legami tra scienza, storia, cultura e comunicazione a essere necessariamente chiamati in causa oggi, quando la tecnologia sfida i nostri limiti, in primo luogo il nostro cervello da rettili. Mai come ora capacità e necessità si tengono così strettamente. È necessario comunicare con le tecnologie (perfino una banale radiografia oggi va letta sul computer), ma bisogna esserne capaci.

lascauxLa lampadina, il telefono, il televisore non sono certo invenzioni minori, anzi. Ma schiacciare un interruttore o girare un disco numerato erano operazioni alla portata di tutti; la fruizione scaturiva immediata. Oggi non è così: al valore d’uso corrisponde un’abilità tecnologica che non tutti posseggono e che merita la massima attenzione dato che la tecnologia non è di per sé una “risorsa” in senso stretto (in teoria si sopravvive anche senza, e in pratica accade a molte latitudini), ma qui e ora lo sta diventando e questo interroga anche l’etica e l’economia della comunicazione.

Il nostro cervello per ora non è multitasking; malgrado la nostra presunzione (punita magari andando a sbattere mentre facciamo un selfie), non possiamo impegnarci a far bene più di una cosa alla volta. Ma questo non vuol dire che quando impariamo non possiamo attingere tanto alla scienza quanto all’umanesimo, per fare solo un esempio classico. Questa è dialettica, è multidisciplinarietà, e lo sappiamo fare benissimo. Anzi, rinunciare a integrare gli stimoli riduce e limita le nostre capacità intellettuali.

E la comunicazione è  proprio una disciplina che anche più di altre deve avvalersi della capacità di cogliere nessi profondi e variegati per fare affiorare gli strumenti più adeguati a condividere i saperi. Per semplificare (che non è banalizzare), per incuriosire e magari stupire (che non è fare sensazionalismo). La meraviglia, sosteneva Cartesio «è la prima di tutte le passioni»*, e tuttavia metteva in guardia dal dipenderne.

salone doratoOggi, mentre abbiamo il dovere di interrogarci sulla “realtà aumentata”, abbiamo bisogno di quella curiosità, di quello stimolo intellettuale, che deriva dalle nuove tecnologie e dalle nuove frontiere della scienza. È così che dalle caverne di Lascaux si approda al Gyllene Salen, il Salone Dorato decorato con 18 milioni di tessere d’oro che formano il mosaico decorativo racchiuso a sua volta nell’edifico di otto milioni di umili mattoni che compongono il municipio di Stoccolma e in cui si assegnano i Nobel.

Il grafene ha fatto tutta quella strada  e oggi è arrivato in Italia, al parco scientifico-tecnologico ComoNext di Lomazzo, nei laboratori di una società, la Directa Plus,  che ha commissionato a un artista milanese un  graffito sul muro di mattoni (ancora loro) delle appena inaugurate Officine del Grafene  che recita: «Senza coraggio non si inizia un viaggio». Accanto, lo schizzo di due matite che inquadrano la cella esagonale che caratterizza il modello molecolare del grafene. Strette le une alle altre appaiono, per fissarne l’immagine, come un’ inquadratura che abbiamo visto e vedremo in questi giorni fino alla saturazione: la rete delle porte dei mondiali di calcio. Alla prossima inquadratura dal retro fateci caso.

Un esempio semplice, in punta di matita. Che magari suscitata una curiosità, una ricerca. Poi verrà il resto.

*Le passioni dell’anima

 

 

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