Piccole magie della domenica
30 Mar 2018
Ai meno giovani la sottile e stralunata presenza in scena di Philippe Quesne, direttore del teatro Nanterre-Amandiers Centre Dramatique National, dove L’effet de Serge va in scena mensilmente, avrà magari richiamato alla memoria un altro stralunato francese: Mac Ronay, pseudonimo di Germain Sauvard. Sempre impassibile nonostante i trucchi magici finissero in disastri e ostinatamente restio a pronunciare in scena qualsiasi parola, a eccezione dell’esclamazione «Hep!».
In questo lavoro, ridotto all’essenziale dalla misura del protagonista e degli ospiti, oltre che dalla minuzia degli oggetti di scena, ci si sente coinvolti in un rito domenicale che celebra in pochi minuti l’amicizia e la fantasia, l’ospitalità e il piacere di offrire una piccola invenzione confezionata con elementi poveri del quotidiano: un bicchiere di vino, un giocattolo, una luce di fortuna, una musicalità (questa assai raffinata nelle scelte).
Serge è un solitario che sa condividere un’intuizione creativa, una messinscena per diletto.
Gaëtan Vourc’h (per cui Quesne a scritto lo spettacolo) gioca in scena il suo ruolo di attore dichiarandolo e mettendo una distanza fra sé e Serge. Lo dice, lui è un attore che ha appena finito di fare uno spettacolo vestito da astronauta (come ci si presenta infatti all’inizio) e che, finito, sarà in scena con un altro spettacolo ancora (il ballo finale delle parrucche è esilarante). Teatro nel teatro nel teatro… l’attore dichiara di essere attore e recita uno spettacolo dove il personaggio fa l’attore nella propria quotidianità. Una scatola cinese esilarante, molto intelligente, geniale che ci dice una cosa, importante, sul teatro stesso: qualsiasi cosa, la più banale, fatta davanti a un pubblico diventa eccezionale.
Fa ridere, certo, moltissimo, ma al tempo stesso si riflette, ci si carica di aspettative senza sapere neanche perché, vista la banalità degli oggetti che però si trasformano, come in un gioco di prestigio, e dunque incantano. L’effet de Serge è quindi uno spettacolo poetico, spontaneo e imprevisto. Quando finisce si vorrebbe avere ancora una domenica…