Natura: urlare come un pa… ssero
4 Set 2016
Siamo costantemente immersi in una miriade di suoni: traffico, macchinari, sirene e a volte semplicemente la sfacciata musica che ottunde le percezioni nei negozi e nei grandi magazzini (così, pare, spendiamo di più delegando ai giovani una serie di operazioni d’acquisto). Le città si stanno attrezzando con barriere anturumore che però non piacciono a tutti: impediscono la visuale e isolano gli esercizi commerciali coi quali bisognerà trovare sì una mediazione, ma non – come al solito – a scapito della salute.
La progressiva scomparsa del silenzio davanti all’avanzare delle onde sonore, non danneggia solo le nostre orecchie e la nostra capacità di concentrazione. Pensate alle specie animali abituate a sopravvivere percependo un fruscio fra le foglie o a comunicare a decine di chilometri di distanza. Sopra e sotto terra, e perfino nelle profondità marine, i segnali sono disturbati.
Da sempre la natura si difende e si adatta, e così per fare un esempio le balene hanno imparato a reagire ai sonar che disturbano le comunicazioni in acqua alzando la voce. Lo stesso si verifica con gli uccelli o le rane che vivono in città o nelle vicinanze delle autostrade: cantano a squarciagola, ce ne siamo accorti un po’ tutti.
Ma c’è un microcosmo meno conosciuto che pare sia soggetto allo stesso fenomeno. Ulrike Lampe biologa all’Università di Bielefeld in Germania ha raccolto con un team di colleghi esemplari maschi di una cavalletta (il Chorthippus biguttulus* ) provenienti per metà da zone silenziose e per metà da zone in prossimità di una strada cittadina. Messi a confronto con esemplari femmina hanno notato che i maschi che vivono lungo strade trafficate “pompano i bassi” del loro canto di corteggiamento per superare il rumore del traffico.
Dopo aver registrato migliaia di serenate sono giunti alla conclusione che fra le comunicazioni degli animali disturbate dal traffico sono quelle amorose a essere messe in crisi perché l’interferenza sonora in eccesso impedisce alle femmine di percepire i messaggi di corteggiamento dei maschi e di capire quanto sono attraenti. Anche le rane studiate dall’Università di Melbourne hanno lo stesso problema: alle femmine piacciono i maschi dalla voce grave e profonda. Ma i poveretti sono costretti ad accentuare gli acuti per sovrastare il rumore del traffico che è particolarmente fastidioso alle frequenze più basse.
Tornando a specie che ci sono più familiari, quelle degli uccelli, è stato notato che le ghiandaie dal canto grave hanno abbandonato le aree più rumorose a vantaggio dei più duttili passeri, che hanno semplicemente variato il repertorio delle serenate, dando spazio alle melodie poco articolate e facili da percepire. Altre specie abituate a cinguettare di giorno hanno imparato a cantare di notte. Tutto questo ha conseguenze che gli scienziati monitoreranno nel tempo e a vasto raggio; non dobbiamo dimenticare infatti che ad alcuni uccelli e insetti è affidato anche il compito dell’ impollinazione e di conseguenza le variazioni delle loro abitudini sono destinate a ripercuotersi anche sul mondo vegetale.
*Il cortippo è una specie diffusa in tutta l’Europa centrale e settentrionale; le sue dimensioni variano da 1,5 a 2 centimetri così come la loro colorazione, da verde-bruno a rosso e viola. I maschi “cantano” sfregando gli arti anteriori, e spesso i loro richiami non sono percepibili dall’orecchio umano.